Medicina di famiglia e nuove sfide del ruolo unico - Le ore aggiuntive tra potenzialità e criticità
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Il Medico di Medicina Generale: una rinnovata centralità
Negli ultimi anni, il medico di medicina generale ha riconquistato un ruolo di primo piano.
La pandemia ha evidenziato l’importanza di una medicina di prossimità solida, in grado di prevenire oltre che curare.
In questo contesto, le ore supplementari del ruolo unico, introdotte dal SSN, mirano a potenziare l’assistenza primaria e a favorire l’integrazione dei medici nelle nuove strutture territoriali, come le Case della Comunità.
Di questo e altri temi correlati abbiamo discusso il 26 Settembre 2025 a Milano, nel corso dell’evento: “Medicina di famiglia e nuove sfide del ruolo unico - Le ore aggiuntive tra potenzialità e criticità”
Il confronto: un momento di riflessione collettiva
Durante l’evento promosso da MioDottore Connect e realizzato in collaborazione con SNAMI Lombardia, queste tematiche verranno affrontate in modo approfondito e con un approccio multidisciplinare, in un confronto aperto tra medici, infermieri, rappresentanti istituzionali ed esperti del settore, con l’obiettivo di comprendere se il cambiamento in atto stia realmente valorizzando la medicina generale o se, al contrario, ne stia trasformando l’identità in modo ambiguo.
Nel corso di questo evento, ci si è in primis interrogati se questa evoluzione rappresenti una spinta verso una figura più riconosciuta, integrata e sostenibile all’interno del sistema sanitario nazionale, oppure se rischi di diventare un passo intermedio verso un modello ibrido, dove le responsabilità crescono ma le garanzie e i diritti non evolvono di pari passo.
Superare il modello del medico “solo in ambulatorio”
L’obiettivo è andare oltre il tradizionale modello del medico che opera in solitudine all’interno dell’ambulatorio, promuovendo invece una visione moderna di medicina territoriale integrata. Questo nuovo paradigma si fonda sulla collaborazione e sul lavoro d’équipe, dove il medico di famiglia diventa parte di una rete composta da infermieri, specialisti, assistenti sociali e altre figure sanitarie e socio-assistenziali.
L’intento è chiaro: offrire un’assistenza più completa, coordinata e personalizzata, capace di rispondere non solo ai bisogni clinici, ma anche a quelli sociali e psicologici del paziente. La cura diventa così un percorso condiviso, in cui la comunicazione e la sinergia tra i diversi professionisti sono elementi centrali.
Un’opportunità di crescita per i professionisti
Per molti medici, questa trasformazione rappresenta una vera e propria opportunità di crescita professionale e personale. Lavorare in rete consente di sviluppare nuove competenze, di partecipare attivamente alla costruzione dei percorsi di cura e di sperimentare modalità operative più dinamiche e multidisciplinari.
In alcuni casi, l’assunzione di nuove responsabilità e la partecipazione a progetti integrati può tradursi anche in una remunerazione aggiuntiva, a riconoscimento del maggiore impegno e del contributo al miglioramento complessivo dell’assistenza.
In questa prospettiva, il medico non è più solo “il primo contatto” del cittadino con il sistema sanitario, ma un attore protagonista all’interno di una rete di prossimità che mira a garantire continuità e qualità delle cure.
Le criticità di un cambiamento complesso
Accanto alle opportunità, sono emerse dal dibattito, tuttavia, numerose criticità. Il carico di lavoro, infatti, secondo molti tra gli addetti ai lavori, tende ad aumentare, spesso senza che vengano messi a disposizione strumenti digitali, organizzativi o logistici adeguati per sostenere il cambiamento.
Le ore aggiuntive rischiano di essere percepite come obbligatorie e, se male organizzate, possono finire per essere dedicate a compiti burocratici piuttosto che alla relazione diretta con i pazienti, elemento essenziale della medicina di base.
A ciò si aggiunge la disomogeneità territoriale: non tutte le regioni o le aziende sanitarie hanno risorse e strutture organizzative equivalenti.
Ne derivano differenze significative nei modelli di implementazione, nei carichi di lavoro e nelle possibilità di valorizzazione del personale, alimentando confusione e senso di incertezza tra i professionisti.
Inoltre, diversi medici hanno messo in luce un ulteriore problema ancora irrisolto: quello della compatibilità (spesso solo parziale, o del tutto assente) tra gli strumenti digitali usati e il Fascicolo Sanitario Elettronico.
Il rischio di un ruolo ibrido e poco definito
Un altro tema sensibile, emerso spesso durante il nostro dibattito, riguarda la definizione del cosiddetto “ruolo unico” del medico di medicina generale.
Se da un lato esso potrebbe favorire una maggiore integrazione con il sistema sanitario pubblico, dall’altro rischia di creare una figura ibrida, sospesa tra il modello del libero professionista e quello del dipendente.
Senza tutele chiare né autonomia piena, il pericolo è quello di indebolire la libertà organizzativa dei medici, compromettendo al contempo la loro capacità di essere realmente protagonisti nei processi decisionali e nella pianificazione dei servizi territoriali.
Un dibattito ancora aperto
Nel corso della nostra tavola rotonda, il dibattito si è rivelato interessante e vivace, ricco di spunti grazie ai relatori che hanno animato il dibattito e a tutti gli oltre 30 MMG partecipanti che hanno voluto e tenuto a dare il loro contributo e la loro visione sull'argomento.
In definitiva, il dibattito resta aperto: la sfida, secondo medici e addetti ai lavori, sarà costruire un equilibrio tra innovazione organizzativa, sostenibilità e tutela del valore umano della professione medica, affinché la medicina di famiglia possa continuare a essere un punto di riferimento solido, accessibile e vicino alle persone.
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Arianna Pellegrino
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